CONVERSAZIONE CON PAOLO VIRZÌ: “LA COMMEDIA ALL’ITALIANA? LA DETESTAVO”
“Quando ero liceale, vedevo in televisione i classici della commedia all’italiana e da una parte ne ero attratto e dall’altra li respingevo, perché ci trovavo troppi personaggi e situazioni che conoscevo bene, mi sembrava di guardare in uno specchio, ero infastidito”. Detto da Paolo Virzì, colui che più di altri registi è considerato il degno erede di Mario Monicelli e di Ettore Scola (ma anche di Comencini, Germi, Steno, Risi), la dichiarazione può essere apparsa quantomeno paradossale al pubblico che ha affollato il Teatro Petruzzelli di Bari oggi pomeriggio, al termine della proiezione del suo film La prima cosa bella per la seconda delle “Conversazioni con“, moderata da Enrico Magrelli. Soprattutto dopo che il Direttore del Bif&st, Felice Laudadio, che ha introdotto l’incontro, ha ricordato come il terzo film di Paolo Virzì, Ovosodo, vinse il Leone d’argento – Gran Premio della Giuria alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia del 1997 (allora diretta dallo stesso Laudadio) sdoganando di fatto un genere che in quegli anni non veniva ancora considerato degno di figurare nel concorso di un Festival internazionale. Ma lo stesso Virzì ha subito tranquillizzato gli spettatori, specificando di come abbia cambiato idea dopo l’incontro con Furio Scarpelli, che fu il suo insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografica e che, dopo il diploma, lo portò a lavorare con lui alla Mass Film, la società che aveva formato insieme ad Ruggero Maccari, Age ed Ettore Scola. Qui, tra sedute di sceneggiatura, il ticchettio incessante delle macchine da scrivere, liti accese e il fumo di sigarette (nonché le frequenti visite di Mastroianni, Gassman e di aspiranti registi come Marco Risi, Ricky Tognazzi e Francesca Archibugi), Virzì ebbe la possibilità di leggere le sceneggiature originali di quelli che erano diventati classici del cinema, scoprendovi “una potente passione civile, la volontà di fare cinema per il pubblico e nello stesso tempo raccontare le debolezze, le contraddizioni e i conflitti, era la letteratura alta che si incontrava con quella popolare”.
Ma quelli legati alla Mass sono solo alcuni dei ricordi rievocati da Paolo Virzì nel corso dell’incontro, durante il quale ha anche parlato della sua infanzia a Torino (“nacque qui la mia passione per la lettura, ero un bambino solitario che si inventava romanziere, copiando qua e là i libri che leggevo cui apportavo piccole modifiche”) l’adolescenza nella natia Livorno (“mi sentivo inadeguato, dovevo fare di tutto per essere accettato però poi mi iscrissi al Liceo Classico e iniziai anche ad interessarmi al cinema, al teatro, alla letteratura”) e poi l’ammissione al Centro Sperimentale di Cinematografia e le prime sceneggiature. Quindi il passaggio alla regia e il grande successo di Ovosodo che a Livorno gli creò qualche problema (“veniva proiettato ovunque, produsse una tale euforia in città che mia madre era subissata dalle richieste di concittadini che volevano propormi le loro storie”). Rispondendo alle tante domande del pubblico, anche su La prima cosa bella la cui proiezione aveva preceduto l’incontro, Paolo Virzì ha parlato anche di sua moglie e musa Micaela Ramazzotti (“L’ho conosciuta in occasione di un provino e mi fece un’impressione, successivamente me ne fece un’altra e poi un’altra ancora. Non ho ancora capito chi è, per me è ancora un mistero totale, a questo punto mi auguro di non saperlo mai più”), di Ettore Scola (“tra i tanti meriti, ha anche quello di aver dato attenzione e dignità ai personaggi femminili “), del suo prossimo film (La pazza gioia, in uscita il 17 maggio) e del progetto di un seguito di Ferie d’agosto (“che ho scritto almeno dieci volte subito dopo aver terminato la lavorazione di un film, è un rito irrinunciabile e forse non lo farò mai”).
Stasera, Paolo Virzì riceverà, sempre sul palco del Teatro Petruzzelli, il Federico Fellini Platinum Award per Cinematic Excellence del Bif&st 2016.